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CONTATTI
Per richiedere informazioni in merito al concorso è possibile scrivere un'email a:
pianetaclara@clarambiente.it
cell. 340 1844675
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Pianeta Clara è il progetto di educazione ambientale promosso da CLARA Spa e dedicato al tema della sostenibilità ambientale legata ai rifiuti. Raccoglie l’importante eredità dello storico ‘progetto Quadrifoglio’ che per 13 anni ha educato le bambine e i bambini al rispetto dell’ambiente. In continuità con esso, Pianeta Clara presenta un programma ricco di attività dedicate a tutte le scuole del territorio, statali e paritarie, dalle scuole dell’infanzia agli Istituti di Istruzione Superiore.
‘Pianeta Clara’ è una dimensione ancora in parte da scoprire, un pianeta che cerca di dare la giusta importanza a ogni oggetto e materiale, che fa il possibile per ridurre gli sprechi, che investe per riutilizzare e riciclare i rifiuti, che si vuole distinguere per un agire virtuoso e consapevole. È in questo contesto che si inseriscono le attività didattiche che vi presentiamo, rinnovate nell'immagine, nei contenuti e nella metodologia, in sintonia con importanti cambiamenti per il territorio: la nascita di CLARA Spa, la nuova società di gestione dei servizi ambientali, frutto della fusione tra AREA e CMV Raccolta, che dal 2017 opererà in 21 Comuni del territorio dell’alto e basso ferrarese.
Sempre attenta ai bisogni della scuola e degli studenti Clara spa e "Pianeta Clara" ampliano la proposta didattica nell'anno scolastico 2020/2021 potenziando quanto già cominciato in un momento particolarmente delicato con la Didattica a Distanza
Il foglio, il quaderno oppure il giornale
hanno la stessa origine vegetale.
La carta su cui puoi disegnare,
su cui puoi dipingere e scarabocchiare,
la carta più bella per incartare,
quella dorata per addobbare,
la carta crespa e quella velina
nascono tutte da una piantina.
Nel tronco degli alberi e nei suoi rametti
c'è una sostanza per fare i foglietti,
c è una sostanza ormai famosa
che si chiama cellulosa.
Rispetta la carta, non la buttare,
la carta è preziosa e si può riciclare.
La carta è un prodotto formato da un sottile strato di fibre di cellulosa intrecciate e da varie sostanze aggiuntive (collanti, coloranti, sostanze minerali); la materia prima della carta è dunque il legno ricavato dagli alberi.
La carta è facilmente infiammabile e altrettanto facilmente si umidifica, è fragile e ingiallisce all'aria.
Esistono moltissimi tipi di carta: in tutto, nel mondo, ne vengono prodotti più di 4.000, anche con differenze notevoli l’uno dall'altro. Se le differenze sono unicamente su peso e spessore si riconoscono: velina (peso 10-30 g/m3), carta (peso 30-150 g/m3 e spessore 0,05-0,3 mm), cartoncino (peso 150-400 g/m3 e spessore 0,3-0,7 mm), cartone (peso 150-400 g/m3 e spessore 0,7-2,5 mm).
Per partire prova a coinvolgere subito i tuoi studenti con una semplice attività pratica, che li aiuterà a prendere confidenza con l’argomento.
Da sempre la carta è legata alla scrittura. I primi disegni in realtà vennero fatti sulle superfici delle rocce e solo in seguito si iniziò a utilizzare materiali appositi, come tavolette di rame, piombo, terracotta, legno incerato e poi tessuti come seta e lino. I primi veri antenati della carta furono il papiro, prodotto con l’utilizzo dell’omonima pianta in Egitto, e la pergamena, costituita da pelle di vitello, pecora o capra, in Europa.
L’ufficiale di corte cinese Ts’ai Lun fu il primo a descrivere la fabbricazione della carta, nel 105 d. C. a Lo-Yang. Fino ad allora, in Cina, si incideva direttamente il bambù che era, però, scomodo da maneggiare e trasportare. Secondo la “ricetta” di Ts’ai Lun, poi perfezionata da Tso Tsui-Yi negli stessi anni, per fare la carta si utilizzavano dei ritagli di seta mescolati con acqua e ridotti in pasta tramite battitura. Questa pasta di seta veniva poi filtrata da stuoie di bambù, ottenendo dei fogli che venivano posti ad asciugare al sole. La seta, però, era un materiale molto costoso, quindi, successivamente, la carta venne prodotta utilizzando stracci e reti e, in seguito, anche lo stesso bambù.
Per molto tempo la carta rimase solo in Cina, perché i maestri cartai cinesi erano riluttanti a diffondere il loro segreto e, anche se altri popoli l’avevano vista, non riuscivano a capire come fabbricarla.
Quando la carta arrivò in Giappone, nel 610 d.C., iniziò l’impiego del gelso e di altre piante. Dopo aver raschiato la corteccia, le fibre ottenute venivano cotte con acqua e calce, formando una pasta che, una volta lavata e diluita, veniva introdotta in un tino dove s’immergeva una specie di straccio sul quale si depositavano le fibre. Questo foglio veniva poi pressato, staccato e asciugato.
Lentamente l’arte della fabbricazione della carta si diffuse in India e successivamente furono i popoli arabi a introdurla in Europa, a partire dalla Spagna, venendo a conoscenza del segreto da un maestro cartaio cinese catturato in battaglia.
In Italia la fabbricazione della carta si sviluppò a partire dal XII secolo, quando furono abbandonate le tecniche di produzione orientali, usate fino ad allora, per nuove tecniche di invenzione italiana. I due principali centri di produzione della carta in Italia furono Amalfi e Fabriano, ma grandi cartiere furono costruite anche a Venezia, Prato e Cividale del Friuli.
Ad Amalfi la carta veniva prodotta a partire dalla raccolta di cenci e stracci di lino, cotone e canapa di colore bianco. Queste stoffe venivano ridotte in poltiglia, disciolte in acqua e trasformate in fogli tramite telai. La carta di Amalfi fu poi abolita per l’uso in documenti, perché era meno resistente della pergamena e rischiava di deteriorarsi nel tempo.
A Fabriano la fabbricazione della carta si perfezionò ulteriormente a opera di alcuni artigiani locali che migliorarono le tecniche apprese dagli arabi. Qui venne introdotto l’uso del maglio col quale gli stracci venivano ridotti a fibra. Sempre a Fabriano venne introdotta la collatura con gelatina animale, che rallentava il deterioramento della carta, e fu scoperta la filigrana. Fra i maestri artigiani fabrianesi si ricorda Pietro Miliani che nel XIX secolo, grazie alla sua abilità, da semplice operaio divenne il fondatore di un’industria cartaria oggi ancora esistente.
Per secoli le tecnologie di produzione della carta rimasero identiche e la carta continuava a essere un prodotto molto costoso. Si sviluppò una produzione massiccia di carta a partire dal legno solo con la rivoluzione industriale e l’arrivo della macchina a vapore e, dopo il 1800, con l’invenzione della macchina olandese che produceva pasta a fibre triturate e con la macchina continua che permetteva di fabbricare fogli di lunghezza infinita.
dalla cellulosa vergine | dalla carta da raccolta differenziata | |
alberi | 15 | 0 |
acqua | 440.000 litri | 1.800 litri |
energia elettrica | 7.600 kWh | 2.700 kWh |
Carta oleata
Carta plastificata
Carta sporca di cibo o grasso
Carta da forno
Cartoni della pizza sporchi
Fotografie
Carta assorbente da cucina sporca
Scontrini
Di plastica un piatto
fu colto sul fatto,
sulla sabbia adagiato,
da quattro gendarmi
che l’hanno arrestato.Per tale misfatto,
commesso dal piatto
venne scomodato
perfino lo Stato.Ma prima che in cella
venisse portato
il piatto parlò:
«Io non sono stato».Il giudice allora,
piuttosto adirato,
con tono furente
gli chiese: «Chi è stato? ».
E il piatto, spaurito,
con tono pacato,
rispose: - «Signore,
là m’hanno lasciato».- «Ma chi ti ha lasciato?
Su, dimmi chi è stato?».
- «Degli uomini in gita,
hanno riso e mangiato
e quando è finita
là m’hanno lasciato.Sulla sabbia pulita,
della spiaggia, buttato,
finita la gita,
siccome ero usato,
come foglia appassita,
m’hanno là abbandonato».
[…]
«Chi ti ha messo da parte
sa che un’opera d’arte
anziché da un abuso
nasce invece dal riuso?
Se ricicli anche un piatto
ci puoi fare un bel gatto,
disegnato a pennello,
con colori acquerello»...Di plastica un piatto
ai rifiuti sottratto
e poi messo da parte
può esser opera d’arte.(Mimmo Mollica)
La plastica è il materiale che diventa rifiuto con il quale è più difficile confrontarsi, questo perché non esiste una plastica ma sarebbe più corretto parlare di diverse plastiche.
Plastica è il termine comunemente usato per indicare un'ampia serie di materiali sintetici o semisintetici usati in una vasta e crescente gamma di applicazioni, che vanno dal settore degli imballaggi a quello dell'edilizia, delle auto e dei dispositivi medici, a quello dei giocattoli, dell'abbigliamento. Il riferimento è alla malleabilità del materiale, alla sua plasticità durante la produzione, che gli permette di essere fuso, pressato o estruso in una varietà di forme, come pellicole, fibre, lastre, tubi, bottiglie, scatole e molte altre.
Le materie plastiche si dividono in tre categorie:
Vediamo ora i più comuni tipi di plastica.
Sicuramente tra gli abiti che indossiamo qualcosa è realizzato in fibre sintetiche. Anche le fibre sintetiche sono materie plastiche: sono ottenute da composti chimici di sintesi derivati dal petrolio e ridotti in filamenti più o meno lunghi. Ma quali sono le più conosciute?
Ad esempio il nylon e la lycra, utilizzati per calze, collant e costumi da bagno, il pile, ottenuto da plastica riciclata per realizzare maglioni e pellicce ecologiche, l’acrilico, simile alla lana ma molto meno delicato, e la microfibra, una fibra sintetica superleggera.
Di solito quando si pensa alla plastica si immagina un materiale sintetico prodotto dall'uomo. In realtà le materie plastiche sono sempre esistite. In natura si trovano molti materiali che sono stati utilizzati nei secoli dall'uomo per le loro caratteristiche di resistenza e malleabilità, come l’ambra, l’avorio, la tartaruga, la lacca e la gomma lacca.
Lo sviluppo delle materie plastiche sintetiche iniziò intorno alla metà del 1800 quando gli scienziati si misero alla ricerca di sostanze che potessero dare risultati simili a quelli dei materiali naturali utilizzati fino a quel momento in alcuni impieghi sempre più richiesti dalle industrie.
Nel 1845 a Basilea C.F. Schoenbein fece reagire la cellulosa sotto forma di cotone con l'acido nitrico. Il risultato fu il Nitrato di cellulosa, un materiale semisintetico con caratteristiche simili all'ambra. Studiando il nitrato di cellulosa nel 1862 l’inglese Alexander Parkes ottenne un nuovo materiale che poteva essere "usato allo stato solido, plastico o fluido, che si presentava di volta in volta rigido come l'avorio, opaco, flessibile, resistente all'acqua, colorabile e si poteva lavorare all'utensile come i metalli, stampare per compressione, laminare". Era nata la Parkesite. Negli stati Uniti, qualche anno dopo, il tipografo John Wesley Hyatt, partendo sempre dal Nitrato di cellulosa, sintetizzò un composto chiamato Celluloide che venne usato nella fabbricazione di svariati tipi di oggetti, dalle dentiere ai colletti per camicia, raggiungendo un notevole successo commerciale.
Nel 1907 venne sintetizzato il primo materiale plastico interamente sintetico: il chimico belga Leo Hendrick Baekeland, utilizzando fenolo e formaldeide ricavati dalla distillazione del carbone, creò la Bakelite. Dura, resistente e con grandi proprietà meccaniche, la Bakelite venne usata per fare interruttori elettrici, telefoni, manici per pentole e padelle e molti altri oggetti.
La vera svolta, però, si ebbe dopo la Prima Guerra Mondiale, quando l'attenzione dei ricercatori si concentrò sul petrolio e sulla possibilità di utilizzarlo per produrre nuove materie plastiche sintetiche. Nacquero così il polistirolo, il polietilene, il polipropilene, il polivinilcloruro e il polietilentereftalato, con i quali si potevano realizzare un numero di prodotti sempre maggiori. Dagli anni ‘70 l’innovazione è proseguita con la creazione di nuovi materiali plastici studiati per far fronte alle molteplici esigenze progettuali. Oggi si producono più di 700 tipi di plastiche diverse che consentono di realizzare un numero elevatissimo di prodotti per uso quotidiano.
La plastica è uno dei materiali più diffusi e considerato che la sua richiesta è in aumento in molti settori, per evitare un grosso impatto sull'ambiente bisogna trovare dei modi per garantirne il massimo recupero. Infatti se da un lato la resistenza e la durata fanno della plastica un ottimo materiale, dal punto di vista ambientale ne rendono complicato lo smaltimento.
Ovviamente, come per tutti i rifiuti, il primo passo deve essere la riduzione all'origine. Quindi, come prima cosa, quando decidiamo di disfarci di un oggetto di plastica possiamo decidere di riutilizzarlo: una bottiglia di plastica, per esempio, può essere riutilizzata per raccogliere l’acqua del rubinetto.
Quando non è possibile riutilizzare il rifiuto di plastica è indispensabile effettuare la raccolta differenziata e così riciclare gli scarti per creare nuovi oggetti.
Il primo importante passo per una buona riuscita del riciclo è la separazione dei rifiuti. La plastica selezionata a questo punto può prendere due diverse strade:
RICICLAGGIO MECCANICO
Il rifiuto di plastica viene rilavorato per produrre materie prime seconde da impiegare per realizzare nuovi oggetti. Per fare ciò occorre selezionare e separare i rifiuti a seconda del tipo di plastica (PE, PET, PVC, ecc). Una volta separati, vengono prima di tutto triturati, poi lavati per rimuovere eventuali residui di contenuto, etichette, ecc. Dopo il lavaggio il materiale viene trasformato in granuli per la produzione di nuovi oggetti. Si ottiene così la plastica omogenea.
A volte separare i diversi tipi di plastica risulta troppo costoso o troppo complicato: i rifiuti non separati si possono comunque riciclare, ma si ottiene una plastica eterogenea di qualità inferiore.
RICICLAGGIO CHIMICO
I polimeri che costituiscono le varie materie plastiche vengono “scomposti” nei monomeri originari attraverso la rottura delle catene polimeriche. Questa rottura può essere provocata in diversi modi, ma il più utilizzato è la pirolisi.Questo metodoprovoca la scomposizione delle molecole attraverso il riscaldamento sottovuoto, dando origine a una miscela di idrocarburi liquidi e gassosi simili al petrolio, da cui è possibile produrre nuovi monomeri.
Il rifiuto di plastica che non può essere riciclato perché non è stato separato correttamente, o perché non idoneo, può essere recuperato attraverso la termovalorizzazione, che prevede di bruciare i rifiuti per produrre energia termica o elettrica. Questa tecnica di recupero avviene in moderni impianti di combustione che consentono l’incenerimento dei rifiuti, il recupero del calore, il controllo delle emissioni nell’atmosfera e lo smaltimento dei residui solidi e delle ceneri, garantendo l’abbattimento dei diversi tipi di sostanze inquinanti.
Giocattoli in plastica
Ciabatte
Sacchetti di plastica biodegradabile
Palloni
Penne e pennarelli
Occhiali
Pannolini e assorbenti
Elettrodomestici e componenti elettronici
Nei comuni gestiti da Clara gli imballaggi in plastica vengono raccolti (insieme agli imballaggi metallici) porta a porta tramite l’apposito sacco giallo fornito da Clara o, per i condomini e le attività produttive, tramite bidone giallo.
Per maggiori informazioni visitare il sito e la pagina facebook
Barattoli e scatoletta,
tappi, fusti e bombolette…!
Scatolette impilate
sul bancone accomodate
scatolette giramondo
voglion fare il girotondo…
“Prima ero scatoletta
ora sono bicicletta
me ne vado per le valli
più veloce dei cavalli”.
“Prima ero bomboletta
m'han svuotata in tutta fretta,
io sognavo di volare
sulla terra e sopra il mare:
con ricrea adesso volo
sono aereo sopra il suolo!”
“Poi ancora acciaio puro:
è un bel cerchio di sicuro!”
Nel 1869 il chimico russo Dmitrij Mendeleev scoprì che gli elementi potevano essere classificati e ordinati sulla base delle loro caratteristiche chimiche e fisiche. Il risultato del suo lavoro e degli aggiustamenti successivi è la tavola periodica degli elementi.
Proprio a partire da queste proprietà è possibile distinguere due classi fondamentali di elementi: i metalli e i non metalli.
Quali sono le principali caratteristiche e proprietà dei metalli? Essi sono generalmente lucenti e buoni conduttori di calore e corrente elettrica. A temperatura ambiente tutti i metalli sono solidi, a eccezione del mercurio. Gran parte di essi può inoltre essere ridotto in fili o lamine, risultano perciò molto duttili. Sono infine molto malleabili, poiché è possibile modellarli con uno stampo a pressione o col martello per produrre oggetti di forma diversa.
Le proprietà dei non metalli sono opposte a quelle dei metalli: a temperatura ambiente si presentano sia allo stato solido, che liquido, che gassoso. Sono cattivi conduttori di calore ed elettricità. I non metalli solidi non sono né malleabili né duttili e si frantumano se colpiti con un martello.
A TAVOLA CON LA CHIMICA!
La tavola periodica degli elementi è lo schema col quale vengono ordinati gli elementi chimici sulla base del loro numero atomico Z. È organizzata in gruppi e periodi.
Ogni gruppo raccoglie elementi con caratteristiche simili e corrisponde a una colonna della tavola; tutti gli elementi che ne fanno parte sono caratterizzati dalla stessa disposizione degli elettroni intorno al nucleo, hanno cioè la stessa configurazione elettronica.
I periodi invece, che corrispondono alle righe, vedono gli elementi disposti secondo il loro numero atomico, dal più basso al più alto.
Nella tavola periodica gli elementi chimici si distinguono in metalli, non metalli e gas nobili; i metalli si dividono dai non metalli grazie a una linea di separazione molto netta, gli elementi a sinistra della linea sono metalli, quelli a destra sono definiti non metalli. L’ultimo gruppo, il 18°, raccoglie i gas nobili come il neon, elementi chimici gassosi incolori e inodori presenti in piccole quantità nell’atmosfera, caratterizzati da una elevata stabilità chimica, hanno cioè la tendenza a non reagire.
Hai mai sentito parlare di “età dei metalli”? È il nome con cui viene identificato un antichissimo periodo storico in cui gli uomini scoprirono e iniziarono a utilizzare i metalli per costruire i primi utensili, abbandonando quindi a poco a poco l'utilizzo della pietra. La scoperta che fece cambiare la storia fu casuale: i primitivi si accorsero infatti che alcune pietre, esposte al calore del fuoco, si scioglievano, portando alla luce le componenti metalliche.
Tutti i metalli sono facilmente recuperabili grazie alla fusione, che li riporta allo stato di materia prima. Per questo diventa molto importante raccoglierli separatamente con la raccolta differenziata e recuperarli.
La maggior parte dei rifiuti metallici è costituita da oggetti in alluminio. Nonostante l'alluminio sia il terzo elemento più abbondante sulla crosta terrestre, dopo ossigeno e silicio, è molto raro in forma libera; si trova in genere mescolato ad altri elementi chimici e il processo di estrazione e di separazione è molto complesso e costoso.
Per questo motivo è così importante raccoglierlo in modo differenziato. Prima di tutto l’alluminio è riciclabile all'infinito: infatti la sua composizione chimica, e quindi anche le sue caratteristiche, durante la rifusione non mutano. Inoltre recuperare alluminio significa risparmiare oltre il 95% dell’energia richiesta per produrlo dalla materia prima. Oggi quasi il 40% della produzione mondiale di alluminio proviene da metallo recuperato.
Da molti anni, ormai, l’industria italiana del riciclo dell’alluminio detiene una posizione di rilievo nel panorama mondiale per quantità di materiale riciclato. Il nostro Paese è infatti terzo al Mondo assieme alla Germania dopo Stati Uniti e Giappone: circa il 90% dell’alluminio prodotto in Italia proviene dal riciclo!
Un’altra categoria di rifiuti metallici che sempre di più vengono recuperati è quella dei metalli nobili che si trovano all'interno dei RAEE, i Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, ovvero tutti rifiuti derivanti da dispositivi che per il loro funzionamento utilizzano energia elettrica.
Secondo l’ONU nel 2014 nel mondo sono stati prodotti dai 20 ai 50 milioni di tonnellate di rifiuti hi-tech, contenenti 320 tonnellate d’oro e 7200 d’argento per un valore di oltre 15 miliardi di euro!
Al momento, però, la maggior parte di questi metalli preziosi non viene recuperata. In Europa ogni anno vengono prodotti 10 milioni di tonnellate di RAEE e solo il 33% di questi viene riciclato. Il primo passo per il recupero dei metalli preziosi dai rifiuti naturalmente è il corretto smaltimento dei dispositivi elettronici caduti in disuso: una volta che questi sono arrivati nelle discariche, le diverse componenti devono essere separate per essere recuperate.
Dai dispositivi elettronici si possono recuperare diversi materiali: materie plastiche, rame, oro, ferro e acciaio, alluminio, palladio e argento. Per recuperare questi elementi in Italia si utilizzano principalmente tre sistemi:
Queste ultime sono particolarmente interessanti perché permettono di ottenere metalli di elevato grado di purezza con un basso impatto ambientale: contrariamente ad altri sistemi, infatti, la tecnica dell’ENEA permette di operare a basse temperature, con basse emissioni nell'ambiente. Per ogni tonnellata di schede elettroniche si possono ottenere metalli per 10.000 euro!
Nei comuni gestiti da Clara Spa i diversi imballaggi in metallo (lattine, bombolette spray, vaschette e pellicole in alluminio ecc.) vengono raccolti (insieme agli imballaggi in plastica) porta a porta tramite l’apposito sacco giallo fornito da Clara o, per i condomini e le attività produttive, tramite bidone giallo.
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Il vetro è prezioso, non lo gettare
perché nuovo vetro può diventare.
Raccogli bottiglie, bicchieri e vasetti,
anche se sono rotti saranno perfetti
per fare il vetro senza sprecare
e soprattutto senza inquinare.
Trasparenza, compattezza, impermeabilità̀ ai liquidi, ai gas, ai vapori e ai microrganismi, sterilizzabilì e perfetta compatibilità̀ ecologica grazie alla possibilità̀ di riciclo per un numero infinito di volte. Queste le eccezionali caratteristiche intrinseche del vetro, interamente costituito da sostanze naturali. La struttura senza alcuna organizzazione spaziale (amorfa) è tipica dello stato liquido, in effetti un vetro deriva da una solidificazione senza cristallizzazione: si tratta sostanzialmente di un liquido sottoraffreddato, la cui viscosità aumenta fino a poter considerare solido il materiale. Possiamo quindi dire che il vetro è un liquido ad altissima densità. I vetri tradizionali sono ottenuti per fusione di minerali cristallini, risultano perciò composti da ossidi inorganici in proporzioni variabili. Il componente principale è la silice, SiO2, a cui vengono aggiunti degli additivi che permettono di ottenere determinate caratteristiche. Le differenze di resistenza e di colore tra i vari vetri dipendono dalla presenza di ulteriori sostanze nella pasta vetrosa. Il vetro indicato con il nome pirex, per esempio, che resiste alle brusche variazioni di temperatura ed è usato per produrre stoviglie da cucina, è ottenuto aggiungendo boro alla pasta vetrosa.
L’aggiunta di ferro produce invece una colorazione verde, tipica dei primi vetri di cui ci è giunta traccia, per via delle impurità di ferro presenti nella sabbia utilizzata.
L’ossidiana, il vetro naturale che si forma in prossimità dei vulcani, fu usato fin dall’antichità per produrre coltelli, punte di lance e altri utensili.
Secondo un’antica leggenda alcuni mercanti fenici, tornando dall'Egitto con un grosso carico di "natrum" (salnitro, soda), si fermarono una sera sulle rive del fiume Belo, in Siria, per riposare. Per preparare la cena presero alcuni blocchi di salnitro e vi accesero sotto il fuoco che continuò a bruciare per tutta la notte. Al mattino i mercanti videro con stupore che al posto della sabbia del fiume e della soda vi era una nuova materia lucente e trasparente: il vetro.
I primi oggetti di vetro, perline, sigilli e altri piccoli oggetti, furono prodotti intorno al XVI secolo a.C. in Mesopotamia. Nel VIII secolo a.C. i siriani iniziarono a produrre i primi contenitori, ampolle per profumi e unguenti. Nei secoli successivi il vetro si diffuse nel resto del Mediterraneo.
Nel 25 d.C. i romani inventarono la tecnica della soffiatura e il vetro divenne un materiale di uso comune. Sempre durante l’impero romano comparvero le prime finestre di vetro e iniziò l’uso del vetro colorato per la decorazione degli edifici.
Nel IV secolo nacque la tecnica della foglia d’oro con la quale una foglia d’oro incisa veniva racchiusa fra due strati di vetro per produrre dei medaglioni.
Durante il medioevo, nelle regioni del Reno, della Mosa, del Rodano e della Senna, la diffusione del vetro accompagnò la coltivazione dell’uva e la produzione del vino. Nel centro Europa nacque anche il vetro “teutonico”, verdastro.
Nel XIV secolo partì, a opera dei maestri vetrai veneziani, la produzione di lenti per occhiali e alla fine del XV secolo Venezia diventò il centro vetrario più grande del mondo. A Murano è attribuita, nel XVI secolo, l’invenzione dello specchio moderno, anche se la sua diffusione arriverà solo nel Settecento.
Verso la fine del 1600 nacque in Inghilterra il vetro al piombo, molto più brillante del vetro normale, e nel XVIII secolo fu introdotto in Boemia il vetro al potassio, noto come cristallo di Boemia.
Oggi il vetro è un materiale molto usato per le costruzioni, per l’oggettistica e per l’espressione artistica.
Il vetro che deriva dalla raccolta differenziata, prima di essere riciclato, deve essere trattato, per eliminare tutto ciò che non è vetro, le impurità. Prima vengono tolti manualmente gli oggetti più grandi estranei al vetro, poi si passa alla cernita della ceramica, della plastica, delle pietre e della porcellana, tutti materiali che rendono più difficile il riciclo. Si passa quindi alla frantumazione, tramite una macchina, che rompe tutti gli oggetti in piccoli pezzi. Il materiale così sbriciolato viene fatto passare sotto una calamita, per eliminare i residui metallici. Infine, i materiali leggeri come la carta o i pezzetti di legno, vengono aspirati.
Gli ultimi residui sono rappresentati dalle sostanze contenute inizialmente nel contenitore di vetro, che vengono eliminate dall’ultimo passaggio: il lavaggio. Da questo momento il vetro, chiamato rottame di vetro pronto al forno, viene fuso in una normale vetreria.
Bicchieri
Oggetti di cristallo (bicchieri, lampadari, centrotavola)
Contenitori in vetroceramica
Oggetti in ceramica e porcellana
Specchi
Vetri delle finestre
Finestrini di automobili
Vetri di fari e fanali delle auto
Confezioni in vetro di farmaci
Lampade al neon
Lampadine
Schermi tv
Per i rifiuti in vetro rimane valida la raccolta stradale tramite le tradizionali campane. Nel solo centro storico di Comacchio, la raccolta del vetro viene effettuata porta a porta mediante l’utilizzo di appositi bidoncini di colore verde consegnati alle famiglie e tramite bidoni carrellati per i condomini.
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Il cibo è prezioso non lo sprecare,
questa e la prima regola da rispettare.
ma se resta qualche avanzo da buttare
con i rifiuti organici lo devi eliminare.
Bucce, foglie e bricioline
diventano terra per nuove piantine,
ricordati sempre l'importanza di riciclare
se l'ambiente vuoi salvare
La natura non produce rifiuti. Gli animali e le piante vivono nell'ambiente interagendo tra loro all'interno di un ciclo naturale perfettamente equilibrato nel quale tutte le sostanze organiche non più legate alla vita vengono decomposte e reintegrate nel ciclo. L’elemento veramente importante in questo ciclo si chiama humus.
Ecco le proprietà chimiche e fisiche che lo rendono così prezioso:
Nel 1900 si iniziò anche ad utilizzare lo sterco come concime e l’organico per alimentare il fuoco. Poco dopo la metà del secolo, si entro in quella che viene definita “era del consumismo”, che portò ad un esagerato aumento di rifiuti. Di conseguenza aumentarono gli inceneritori e si costruirono discariche sfruttando le paludi. Si calcola che il quantitativo di rifiuti prodotti agli anni 50 ad oggi sia raddoppiato. Solo negli ultimi anni si è diffusa la coscienza “ecologista” e le filiere produttive si sono adeguate al tema dello smaltimento dei rifiuti.
Nell'epoca odierna, anche chiamata era dell’usa e getta, vengono prodotti moltissimi rifiuti spesso difficilmente smaltibili. Fino a 60-70 anni fa nelle case dei nostri nonni e bisnonni venivano prodotti al contrario pochi rifiuti! Quando le cose di casa si rompevano venivano riparate, i pochi rifiuti organici prodotti venivano utilizzati come mangime per gli animali o per fertilizzare l'orto.
Nel Medioevo c'era l'abitudine di lanciare i rifiuti direttamente fuori dalle finestre e per risolvere il problema venivano utilizzati alcuni maiali-spazzini lasciati liberi di scorrazzare per le strade. Da questo possiamo dedurre che la maggior parte dei rifiuti prodotti era organica.
Che cos'è il compost? Ne hai mai sentito parlare?
La parola compost deriva dal latino compositum che significa “composto da più materiali”. Dal termine compost nascono molte parole: compostaggio, composter, ecc. Il compost nasce dal riciclo dei rifiuti organici.
La giusta raccolta!
Tutti i resti organici della cucina e quelli del giardino, se sono in piccole quantità, vanno conferiti nel cassonetto FORSU (Frazione Organica Rifiuti Solidi Urbani. Impariamo anche alcune eccezioni:
Il compostaggio industriale
Vediamo in breve la lavorazione che subiscono i nostri rifiuti organici una volta portati agli impianti di compostaggio. Di seguito le fasi di produzione del compost.
Sacchetti di plastica non compostabile
Tessuti o abbigliamento
Oggetti in legno trattato o verniciato
Olio da cucina (va smaltito separatamente)
Pannolini e assorbenti
Ceneri o mozziconi di sigaretta
Lettiere per animali (salvo quelle
certificate compostabili)
Nei comuni gestiti da Clara Spa il rifiuto organico è raccolto porta a porta, mediante l’utilizzo degli appositi sacchetti in mater – bi, pattumiera aerata sottolavello e bidoncino marrone con chiusura antiintrusione da esporre. CLARA spa attribuisce a coloro che scelgono di smaltire tramite il compostaggio i propri rifiuti organici una riduzione della parte variabile della Tariffa (precisata nel Regolamento Comunale di gestione dei rifiuti). Per aderire volontariamente all’iniziativa è sufficiente possedere una compostiera, anche costruita artigianalmente, purché rispondente ai requisiti previsti dal regolamento oppure richiederla a CLARA in comodato d’uso. Si dovrà poi compilare e firmare il modulo di adesione e farlo pervenire agli uffici CLARA, anche via fax o email.
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I rifiuti elettronici (ed elettrici) sono ciò che rimane delle AEE, Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, “le apparecchiature che dipendono, per un corretto funzionamento, da correnti elettriche o da campi elettromagnetici e le apparecchiature di generazione, di trasferimento e di misura di queste correnti e campi e progettate per essere usate con una tensione non superiore a 1000 volt per la corrente alternata e a 1500 volt per la corrente continua”. (D. Lgs. 49/2014)
Non necessariamente questi rifiuti sono non funzionanti, specialmente se si tratta di materiali elettronici, per i quali la tecnologia avanza a passi da gigante giorno per giorno rendendo obsoleti alcuni materiali anche con appena pochi mesi di vita!
Vengono comunemente denominati con l’acronimo RAEE (Rifiuti da apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) o con il termine e-waste, derivante dall’inglese Waste of electric and electronic equipment (WEEE).Lo stesso decreto legislativo del 2014 individua 10 grandi categorie di AEE, ciascuna delle quali comprende numerosi oggetti di uso comune:
I RAEE sono rifiuti relativamente recenti, nati con l’avvento della tecnologica o con alcune importanti scoperte. Negli anni le apparecchiature elettriche ed elettroniche di cui ci circondiamo vanno sempre più aumentando, non possiamo più farne a meno. Pensiamo anche solo al cellulare!
Ma non è sempre stato così e in generale esistevano in modo separato i materiali di cui sono costituite, quasi principalmente metalli.
In un triennio, dal 2013 al 2015, la raccolta dei RAEE ha registrato questi incrementi: + 7%, +24%, +37%. Sicuramente è una buona notizia considerando la pericolosità di molti dei componenti delle AEE e il fatto che i RAEE rappresentano la categoria di rifiuti in più rapido aumento a livello globale, con un tasso di crescita del 3-5% annuo, tre volte superiore ai rifiuti normali.
La crescente diffusione di apparecchi elettronici determina un sempre maggiore rischio di abbandono nell'ambiente o in discariche e termovalorizzatori (inceneritore), con conseguenze di inquinamento del suolo, dell'aria, dell'acqua e con ripercussioni sulla salute umana.
Telefonini, lettori musicali, televisioni, lettori dvd, decoder per il digitale terrestre, computer, per non parlare dei “soliti” elettrodomestici come frigoriferi e lavatrici, questi solo alcune delle tante AEE che ci circondano. E il rapido miglioramento della tecnologia ci spinge a sostituirle anche troppo frequentemente con modelli nuovi e in diversi casi più efficienti dal punto di vista energetico.
Spesso non sappiamo che farne, e accumuliamo quelli vecchi in casa, o peggio ancora li buttiamo nei cassonetti dell’indifferenziato, o addirittura li abbandoniamo per strada, senza pensare troppo alle conseguenze ambientali di questa nostra leggerezza. Non solo l’abbandono crea rischi di rilascio di sostante nocive nell'ambiente, ma impedisce il recupero di materiali come rame, ferro, acciaio, alluminio, vetro e metalli vari che possono essere riutilizzati per produrre nuovi apparecchi, evitando così l'utilizzo di nuove risorse e riducendo il nostro impatto sull'ambiente.
Eppure la normativa fornisce oggi degli strumenti molto semplici per smaltire correttamente gli apparecchi elettrici fuori uso e gli elettrodomestici più ingombranti, che possono, anzi devono, essere recuperati e opportunamente trattati per recuperare materiali utili per produrne di nuovi.
I RAEE vengono classificati in due grandi categorie, a seconda del loro uso in ambito domestico o professionale, stabilendo diversi percorsi di recupero e smaltimento:
- RAEE Domestici, utilizzati nelle case o assimilabili per uso anche se provenienti da altri ambiti;
- RAEE Professionali, provenienti da attività economiche o amministrative.
Per quanto riguarda il riciclo o recupero, la normativa individua 5 raggruppamenti di rifiuti hi-tech nei quali vengono smistati a seconda della loro tipologia e in base alle tecnologie necessarie al loro corretto trattamento:
• Raggruppamento R1 - freddo e clima (frigoriferi, condizionatori e scalda-acqua);
• Raggruppamento R2 - grandi bianchi (lavatrici, lavastoviglie, forni, piani cottura, ecc.);
• Raggruppamento R3 - tv e monitor;
• Raggruppamento R4 - piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo, apparecchi di illuminazione e altro;
• Raggruppamento R5 - sorgenti luminose.
Il trattamento dei RAEE è svolto in centri adeguatamente attrezzati, autorizzati alla gestione dei rifiuti e adeguati al "Decreto RAEE", sfruttando le migliori tecniche disponibili.
Le attività di trattamento prevedono varie fasi, indicativamente:
• messa in sicurezza o bonifica, ovvero asportazione dei componenti pericolosi;
• smontaggio dei sotto-assiemi e separazione preliminare dei materiali;
• lavorazione meccanica per il recupero dei materiali.
L'attività di reimpiego delle apparecchiature dopo un test di funzionamento è un'opzione prevista dalla normativa sui RAEE ma non esiste una normativa sulle apparecchiature reimmesse sul mercato.
Da gennaio 2008, secondo il D.Lgs. 151/05, la gestione dei RAEE è passata in mano ai produttori, ai quali compete la pianificazione e gestione di sistemi di raccolta: oggi è infatti possibile riconsegnare gratuitamente il rifiuto direttamente al rivenditore, all'atto dell'acquisto di un'apparecchiatura della medesima tipologia.
Tutte le apparecchiature elettroniche devono riportare in modo chiaro, visibile e indelebile, un'indicazione che consenta di identificare lo stesso produttore e il simbolo che indica che l'apparecchiatura deve essere oggetto di raccolta separata.
Il Decreto prevede anche l'obbligo per i produttori di aderire a un Sistema Collettivo per la gestione dei RAEE, in funzione del tipo di apparecchiatura o del tipo di mercato servito.
I principali Sistemi Collettivi operanti in Italia sono:
Secondo la ricerca "I RAEE domestici generati in Italia", presentata da Ecodome curata da United Nations University in collaborazione con Ipsos e Politecnico di Milano, una significativa quantità di RAEE generati in Italia oggi sfugge ai Sistemi collettivi.
La ricerca ha evidenziato che ogni anno sono prodotti dagli italiani 16,3 kg/abitante di RAEE. E’ stato stimato che i Centri di Raccolta e i Distributori intercettino complessivamente 11,2 kg/abitante, ma solo il 38,3 % di questi (pari a 4,29 kg/abitante) è stato consegnato ai Sistemi Collettivi.
Infatti dalla ricerca emerge che:
I flussi più difficili da intercettare sono quelli dei RAEE appartenenti ai Raggruppamenti R2 (lavatrici, lavastoviglie, forni, cappe, scalda-acqua) e R4 (piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo, informatica). Questi RAEE infatti sono diventati sempre più appetibili dal punto di vista economico a causa dell’aumento del valore delle materie prime seconde (metalli e plastiche) in essi contenute.
La competizione tra gli impianti di trattamento - che nel nostro Paese sono in soprannumero rispetto al fabbisogno teorico - rischia inoltre di provocare una “gara” a intercettare quanti più RAEE possibile, riducendo il livello qualitativo del trattamento per contenerne i costi.
Per raggiungere gli obiettivi fissati dalla nuova Direttiva Europea (che si attestano tra i 12 e i 13,8 kg/abitante in base alla modalità di definizione del target di raccolta) il Sistema RAEE deve poter contare su una completa tracciabilità di tutti i flussi in cui i RAEE sono raccolti, gestiti e trattati; inoltre è indispensabile che tutti questi flussi garantiscano i medesimi standard qualitativi dal punto di vista ambientale.
“Questo studio ha evidenziato come i nuovi obiettivi fissati dall'Unione Europea saranno difficilmente raggiungibili se i singoli Stati membri non si assumeranno la responsabilità e il compito di individuare e tracciare tutti i RAEE, che oggi si disperdono in molteplici flussi, alcuni spesso illegali, rappresentando una seria minaccia ambientale oltre che una significativa perdita economica – afferma Paolo Falcioni, vice presidente di Ecodom - Ogni Paese dell’Unione Europea sarà chiamato, a partire dal 2019, a raccogliere l’85% dei RAEE che annualmente si generano nel proprio territorio o il 65% dei prodotti immessi sul mercato nei tre anni precedenti: il Sistema Raee italiano rischia di non trovarsi pronto per quella data.”
Nei comuni gestiti da Clara i rifiuti da apparecchiature Elettriche ed Elettroniche possono essere smaltiti tramite diverse modalità: piccoli elettrodomestici elettrici ed elettronici possono essere portati all’Ecomobile, il servizio itinerante di raccolta di rifiuti particolari, o presso i Centri di raccolta. I rifiuti di grandi dimensioni possono essere portati ai Centri di Raccolta, oppure possono essere ritirati a domicilio.
Per maggiori informazioni visitare il sito e la pagina facebook
Il Progetto Pianeta Clara riparte con una nuova edizione, portando ancora una volta gli studenti alla scoperta della sostenibilità ambientale.
Grazie al supporto del nostro amico ROB-8, bambini e ragazzi esploreranno il mondo dei rifiuti e del riciclo, imparando l'importanza di adottare comportamenti responsabili verso l'ambiente. Il progetto propone laboratori per tutte le età, dalle scuole dell'infanzia fino alle superiori, garantendo un'esperienza formativa adatta ai diversi livelli scolastici. Ogni laboratorio è pensato per approfondire i temi dell'Agenda 2030, offrendo ai partecipanti una migliore comprensione delle sfide ambientali globali e locali. Attraverso attività pratiche e interattive, gli studenti esploreranno la gestione dei rifiuti e la sostenibilità, concentrandosi su temi come riduzione, riuso, riciclo, oltre a tecniche di raccolta e recupero. L’obiettivo è fornire strumenti concreti per vivere in modo più sostenibile.
Le iscrizioni ai laboratori si svolgeranno esclusivamente online, in linea con il nostro impegno verso il risparmio di risorse e la promozione di pratiche sostenibili.
Unisciti a noi in questa nuova edizione del Progetto Pianeta Clara e scopri come, insieme, possiamo costruire un futuro più sostenibile.
Per maggiori informazioni e chiarimenti contattare la segreteria organizzativa all’indirizzo pianetaclara@clarambiente.it o al numero 340 1844675
Benvenuti su Pianeta Clara!
Per l'anno scolastico 2022/2023, nell’ambito del progetto didattico Pianeta Clara, saranno organizzati 4 diversi momenti formativi durante il corso di formazione riservato ai docenti delle
scuole primarie e secondarie di I e II grado presenti sul territorio servito da Clara spa.
I corsi vogliono essere un'occasione per approfondire argomenti di sostenibilità e corretta gestione dei rifiuti, per dare spunti utili agli insegnanti nella progettazione delle loro lezioni anche di educazione civica.
Il tema di quest'anno è l'Agenda 2030 e nel particolare ci si concentra su due obiettivi con una parte teorica e una parte con suggerimenti pratici per realizzare lezioni con i vostri studenti
Agenda 2030: un cammino che prosegue
Il corso è organizzato in quattro mezze giornate da 4 ore l’una più una parte di lavoro autonomo dei docenti. Ogni giornata formativa è dedicata a un approfondimento teorico o operativo-metodologico.
Modulo 1 teorico
Agenda 2030: target 15. La vita sulla terra.
Il modulo valorizza l’importanza della tutela della biodiversità, stimolando la conoscenza del sistema di parchi e aree protette locali, il loro ruolo nella conservazione e valorizzazione della biodiversità in ottica di rete ecologica e le opportunità educative che offrono. Partendo dall’ambiente naturale, si comprenderà l’opportunità educativa che deriva dallo sviluppo di una relazione diretta degli studenti con il proprio territorio, anche in ottica di cittadinanza attiva.
Modulo 2 Pratico laboratoriale
Un primo momento del modulo sarà riservato ai feedback dei docenti rispetto al lavoro svolto autonomamente dopo la prima giornata. Successivamente si analizza la metodologia della ricerca azione, con cui sperimentare e acquisire metodi e strumenti utili per la progettazione e la realizzazione di attività didattiche in classe e outdoor, di conoscenza, esplorazione e contatto con la biodiversità.
Modulo 3 teorico
Agenda 2030: target 12. Consumo e produzione responsabile.
Il modulo approfondisce l’obiettivo a livello globale e alcuni esempi locali, per poi fare esempi di lezioni trasversali alle varie materie scolastiche su questi argomenti per sperimentare strumenti teorici e pratici in classe. Brevi cenni teorici alla lezione capovolta.
Modulo 4 Pratico laboratoriale
Creare una lezione capovolta: strumenti teorici e pratici che permetteranno loro di progettare e realizzare una lezione capovolta.
Video, app, strumenti digitali per declinare i contenuti. Ai docenti sarà consegnato il compito di creare uno strumento o una lezione intera sull’argomento
E’ possibile iscriversi a uno o a più moduli, compilando il modulo di iscrizione che si trova a questo link .
Le lezioni sono gratuite e verranno tenute sulla piattaforma online Google Meet in modalità riunione a partire dalle 16.30; l’iscrizione è obbligatoria.
Il corso è riconosciuto dal MIUR quindi, qualora i docenti di ruolo siano interessati all’attestato di partecipazione, è necessario iscriversi al corso anche attraverso la piattaforma SOFIA del MIUR: vi ricordiamo inoltre che per ottenere l’attestato di partecipazione dalla piattaforma, è necessario partecipare ad almeno il 75% delle attività previste dal corso (almeno 3 appuntamenti su 4).
Per cercare nel Catalogo delle iniziative formative di SOFIA il corso, potete fare una ricerca utilizzando i dati:
Il calendario degli appuntamenti:
Per maggiori informazioni e chiarimenti potete contattare la segreteria organizzativa all’indirizzo pianetaclara@clarambiente.it o al numero 340 18 44 675 (anche WhatsApp)